L’OBESITÀ: FATTORE DI RISCHIO PER UN PEGGIOR QUADRO CLINICO DA COVID-19?!
Il termine COVID-19 è un acronimo formato da “CO” per corona, “VI” per virus e “D” per malattia, il “19” rappresenta il 2019, l’anno in cui l’infezione è iniziata.
I fattori di rischio per l’insorgenza della malattia infettiva sono determinati dal patogeno (COVID-19), dall’ospite (soggetto interessato) e dall’ambiente.
Questa nuova malattia era sconosciuta prima dell’inizio dell’epidemia in Cina nella città di Wuhan e ora è un grave problema di salute che interessa tutto il mondo (pandemia).
La malattia di Covid-19, causata dall’infezione SARS-CoV-2 è una malattia trasmissibile in rapida diffusione e la sua gravità è varia, presenta uno spettro di malattia molto diversificato: da un’infezione asintomatica o con sintomi lievi ad una grave polmonite (fulminante) con insufficienza respiratoria e nei casi peggiori induce alla morte.
I fattori di rischio associati alla probabilità di sviluppare sintomi più gravi della malattia sono: età avanzata (soggetti > 60 anni), diabete, soppressione del sistema immunitario e insufficienza d’organo.
Sebbene i pazienti di età <60 anni siano generalmente considerati un gruppo con più basso rischio di contrarre in forma grave il Covid-19, l’obesità è un nuovo fattore di rischio per il ricovero ospedaliero associato ad altri fattori critici precedentemente identificati.
Tre differenti studi hanno evidenziato come la presenza di obesità (BMI≥30) nel momento dell’accesso in ospedale con sintomatologia lieve o moderata sia un fattore di rischio importante di dover accedere in terapia intensiva: un rischio DOPPIO, rispetto a chi ha un peso “forma” (BMI<25). Questo vale soprattutto per i soggetti under 60, in cui il rischio è più che raddoppiato in caso di obesità.
Essere in sovrappeso non solo aumenta il rischio di infezione e di complicanze per il soggetto interessato, ma potrebbe aumentare la possibilità di comparsa di un ceppo virale più virulento, prolungando la diffusione del virus in tutta la popolazione e anche potrebbe incrementare il tasso di mortalità.
Nei paesi industrializzati, circa il 50% della popolazione è sovrappeso o obeso, con una prevalenza che tende ad salire ogni anno.
Pazienti con diabete mellito di tipo 2 di solito presentano un eccesso di tessuto adiposo, responsabile di incrementare gli stati infiammatori e pro-ossidativi cronici con un impatto negativo sul profilo glicemico, alterando sia l’omeostasi glicemica che la sensibilità periferica all’insulina. Pertanto, lo stato iperglicemico cronico e lo stato infiammatorio cronico sono i due elementi fisiopatologici dell’immunosoppressione che si verificano nei pazienti con T2DM ad alto rischio di infezione da COVID-19 e rappresentano anche un aumento del rischio di mortalità di per sé.
Nei soggetti obesi si rileva una concentrazione più elevata di molecole (citochine) pro-infiammatorie (alfa-TNF, MCP-1 e IL-6) prodotte principalmente dal grasso viscerale e sottocutaneo associate a un’ alterazione della sintesi e della secrezione della leptina (ormone che regola il senso di sazietà) con un mancato controllo dell’appetito. Inoltre in tali soggetti si rilevano bassi livelli dell’adiponectina, ormone normalmente deputato all’ossidazione degli acidi grassi nei muscoli, ne riduce l’apporto al fegato e il contenuto di trigliceridi e diminuisce la produzione di glucosio a livello epatico.
L’eccesso di tessuto adiposo e l’ambiente ormonale sfavorevole portano anche a un difetto della risposta immunitaria e questo provoca una maggiore suscettibilità e un ritardo nella risoluzione dell’infezione virale, complicanze legate all’obesità e alle gravi lesioni polmonari osservate nelle vittime durante la pandemia.
Un altro determinante che partecipa alla gravità dell’infezione virale nei pazienti obesi è la sedentarietà o ridotta attività fisica, fenomeno frequente e caratteristico dei pazienti obesi rispetto ai soggetti in salute.
Pertanto, al fine di limitare la diffusione della malattia, milioni di persone sono state costrette a rimanere nelle proprie abitazioni in isolamento o in quarantena se risultati positivi.
Fino a quando non sarà disponibile un vaccino specifico, le azioni che possono essere intraprese sono l’isolamento di pazienti positivi e il potenziamento della risposta di modulazione immunitaria positiva anche attraverso un’equilibrata e personalizzata dieta (regime alimentare), un lieve o moderato esercizio fisico ad oggi, da svolgere esclusivamente in casa.
È interessante notare che l’effetto positivo sul sistema immunitario può essere raggiunto solo con esercizio di intensità lieve o moderata. Al contrario, esercizi ad alta- intensità o prolungati (come correre una maratona) sono noti per “esaurire” la risposta immunitaria, dovuto principalmente all’aumento del cortisolo endogeno.
Azioni mirate NON solo per perdere peso ma anche per migliorare la morbilità e la mortalità, la modulazione del sistema immunitario (difesa contro l’infezione virale e altre malattie metaboliche nei soggetti obesi), l’effetto anti-infiammatorio, riequilibrio dell’ambiente ormonale con aumento della sensibilità dell’insulina e della leptina.
E’ importante attuare immediatamente degli interventi NON RINVIABILI come l’approccio dietetico mirato, attraverso un percorso nutrizionale adeguato sia in termini di PREVENZIONE SECONDARIA meglio ancora se attuabile in PREVENZIONE PRIMARIA al fine di arginare il sovrappeso e l’obesità sia nei bambini che negli adulti.
Fonti Bibliografiche:
- Lighter J et all, “Obesity in patients younger than 60 years is a risk factor for Covid-19 hospital admission”, Clin Infect Dis.2020 Apr 9.
- 2. Luzi L et all, “Influenzaand obesity: its oddrelationship and the lessons for COVID-19 pandemic”, Acta Diabetol. 2020 Apr 5.
- 3. Stoian AP et akll, “Diabetes and the COVID-19 Pandemic: How Insights from Recent Experience Might Guide Future Management”, Metab Syndr Relat2020 Apr 8.
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